Le dimensioni della comunità

15/04/2020
15/04/2020 nz

Le dimensioni della comunità

Un pomeriggio con i volontari Croce Rossa a Brescia.

Nei giorni che precedono Pasqua i magazzini della Croce Rossa sono in fermento: molti volontari sono alle prese con l’imballaggio. L’appuntamento è per Venerdì Santo: finire di preparare i pacchi per un’ottantina di famiglie da consegnare l’indomani, la viglia di Pasqua. Le confezioni non contengono solo cibo, ma anche beni di prima necessità come shampoo, sapone, pannolini, mascherine, sapone liquido per piatti, detersivo e bucato: tutto ciò che serve ad una normale famiglia. Dagli scatoloni aperti, come ciuffi spuntano decine di uova di cioccolato per i bambini.

Oggi è anche il giorno in cui Paolo e Michele, due volontari CRI, devono fare delle consegne straordinarie: altre otto famiglie hanno richiesto una mano.

Cristina dalla sede centrale, al telefono, mi spiega che “negli ultimi giorni il numero di persone che si sta rivolgendo a Croce Rossa è in costante aumento”, e la cosa non sorprende, ad un mese dall’inizio del lock-down in un territorio come quello di Brescia, dove le conseguenze dell’epidemia si sono manifestate  con maggiore violenza.

Marta, vicepresidente CRI del comitato di Brescia, giorni fa mi aveva preannunciato un aumento di contatti. “Per fortuna ci sono molte persone che si stanno rendendo disponibili per aiutare, nonostante i rischi dati dalle circostanze: molti nostri volontari sono giovani, e alcune famiglie sono giustamente in apprensione. Oltre al 118,” mi racconta al nostro primo incontro “siamo impegnati più del solito con il supporto ai nuclei famigliari; un lavoro che spesso non si vede, ma che è un po’ un termometro che misura il polso della situazione. Oltre agli aiuti materiali di questo momento,” aggiunge  “dobbiamo comunque mantenere il servizio di accompagnamento in ospedale per pazienti oncologici, ed in questo periodo è una cosa estremamente delicata. Inoltre stiamo svolgendo servizio di trasporto extra-ospedaliero per i pazienti guariti dal covid verso il Paolo VI, dove finiscono il recupero”.

Il viaggio con Michele e Paolo dura un paio di ore; ci spostiamo in diverse parti della città, dal quartiere multietnico attorno a via Milano alle vie più centrali di Borgo Trento o dietro la stazione, in zona Lamarmora. Il campanello suona e una persona appare poco dopo dietro una porta, con un impercettibile sorriso dietro la mascherina che accompagna le mani che si protendono. “Chiamateci ancora, se avete bisogno” si raccomanda Paolo, il più adulto della coppia di volontari, ogni volta che saluta qualcuno dopo una rapido scambio di parole a distanza di sicurezza. Alla terza o quarta tappa, una madre con bambino mi sorride quando chiedo il permesso di fotografare.

Paolo mi dice, con una palpabile emozione: “Da un po’ di giorni sono impegnato con le consegne. Mi colpisce l’estrema gentilezza di ogni persona che incontro: sono tutte sorridenti e felici di vederci arrivare. Conferma che quello che stiamo facendo viene apprezzato e si fidano di noi. Nonostante questo dramma incontriamo tante belle persone”.

Torniamo al magazzino, le scatole sono state quasi tutte chiuse, i bancali riempiti. Si sono aggiunti altri volontari, qualcuno organizza l’inventario: è importante mantenere il magazzino in ordine tanto quanto controllare che le scatole siano state tutte riempite in base alle richieste.

Questo viaggio nel volontariato e nell’impegno ai tempi del covid – iniziato senza che mi rendessi davvero conto di scivolarci dentro poco a poco –  raccoglie altri frammenti di un quadro che si sta pian piano componendo nella mia testa – e forse anche nelle immagini.  Sono contento di vedere un’altra auto riempirsi di cibo o mascherine, nonostante la vista di un capannone pieno di scatole in partenza non dovrebbe rallegrare. Queste richieste di aiuto in aumento sono le tracce di un disastro le cui dimensioni iniziamo a scoprire solo col passare dei giorni.

Mentre seguo alcuni volontari nel capannone attiguo, comunicante con quello già enorme in cui mi trovo, scopro un deposito ancora più imponente di mezzi e strutture per le emergenze o campagne: di fronte al capannone, una nuova sede Croce Rossa sta sorgendo. Uscendo nel piazzale ho l’impressione di poter percepire le dimensioni fisiche della solidarietà  e mentre mi allontano – dopo aver salutato e ringraziato tutti per la disponibilità e per il lavoro che stanno svolgendo – rifletto sul fatto che questa è solo una delle tante associazioni, composte ciascuna da moltissimi volontari, presente sul territorio. Solo alcune sono quelle che ho incontrato in questi giorni.

E’ bello iniziare a vederla, la dimensione della solidarietà: se provi a misurarla passo dopo passo inizi a scorgere – in trasparenza dentro un dramma che si allarga lentamente, in parallelo al proseguo della quarantena – anche le proporzioni fisiche della comunità. Una comunità ferita per la quale c’è un altra comunità che si mobilita.

Ed è là che di solito poi trovi l’essere umano.

 

Parte del progetto what makes us weaker, makes us closer.