Ogni volta che mi avvicino al centro del reattore, nel cuore del vulcano, lo stesso messaggio. E’ diverso ogni volta, ma ogni volta insistente.
E’ un ringraziamento: esprime un senso di riconoscenza assoluto, la percezione che ciascuno di noi ha avuto della propria debolezza. E’ la traccia di un fenomeno inenarrabile in cui per la prima volta non è stata una guerra di armi ma una sottile linea invisibile ad inghiottirci in un’involucro da quale fatichiamo ancora ad uscire. Se non fosse capitato veramente, faremmo fatica a crederci. Se ce lo avessero detto, non avremmo mai creduto che saremmo stati costretti a chiuderci in casa, a bloccare tutti i nostri contatti diretti, a smettere di lavorare e andare a scuola.
Questa energia incredibile che da settimane corre per le strade, virulenta come il virus che ci ha stesi e messi al tappeto, invisibile come solo le cose veramente spaventoso sanno essere, è stata anche in grado di mostrarci come guardare alle cose essenziali. Almeno durante i giorni del dramma, tutti quanti noi siamo rimasti appesi al camicie dei dottori e degli infermieri pregando nel nostro intimo che la linea potesse non cedere, perché oltre di lei c’era solo il baratro in cui saremmo stati costretti a vedere cadere le persone a noi care.
Da Brescia, a Bergamo a Pavia. Girando per le strade tra gli ospedali guardo questi striscioni e vedo l’umanità nostra per la prima volta compatta e prostrata a implorare ai suoi uomini e alle sue donne in camicie bianco di non arrendersi e continuare a lottare. Quello che mi chiedo è se continueremo anche domani a provare la stessa riconoscenza verso chi – tutti i giorni, e non solamente negli stati di eccezione – necessita di tutto il nostro appoggio, la nostra considerazione nello svolgere un lavoro tanto delicato e importante.
Sapremo indignarci la prossima volta, quando i nostri eroi ci chiederanno di difenderli da tagli sconsiderati e privatizzazioni, investimenti mal versati e tangenti? Perchè la prossima volta che una catastrofe dovesse accadere, non avremo bisogno di eroi ma di persone che svolgono il loro lavoro, in numero sufficiente e protetti da equipaggiamento adeguato. Dietro la retorica dell’eroismo c’è molto spesso una sconsiderata visione della realtà, il tentativo di sottrarre e nascondere qualcosa. Un po’ come in epoca medioevale quando la parola di Dio era pronunciata in latino in modo tale che il popolo non potesse accedere ai misteri della trascendenza.
Penso che il miglior ringraziamento che possiamo fare alle persone che da mesi lottano per la salute di tutti, sia di non lasciarli soli quando la corona sarà stata rovesciata. Perché nulla torni come prima.